Libri su Marone, o di autori maronesi: "Sulle rive del Lago" di Giovanni Cristini. | |||
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Giovanni Cristini è uno scrittore che, pur non essendo nato a Marone ha, qui da noi, forti legami famigliari. Il libro elencato nel titolo, in particolare, riporta proprio un episodio legato al nostro paese:
"La vasca dei girini" Sono passato in macchina vicino a un luogo caro alla mia infanzia, ma non mi sono fermato. Rifuggo dalle inutili nostalgie. So che ogni impronta del fanciullo che fui è stata cancellata. I muri della casa sono stati rifatti e ridipinti, il grande noce frondoso sulla piccola aia è morto e non c'è più, le viti della vigna sono state levate e ripiantate più volte. L'erba sul dosso è nata e rinata a ogni primavera. Eppure, in un angolo del muro a secco, ho rivisto in un lampo, coperta di muschi e nascosta tra le erbacce, la vasca dei girini. Dire che l'ho rivista non è del tutto esatto. Dovrei dire che l'ho cercata. La mia memoria sembrava morbosamente attaccata a quell'angolo in cui resisteva ancora qualcosa di me. Rivederla era stata una lieta sorpresa, una gioia così intensa da sfumare nella sofferenza. Ho rallentato bruscamente la corsa e per un attimo il cuore ha arrestato i suoi battiti. Poi ho premuto l'acceleratore, ma i ricordi mi hanno inseguito come uno sciame. La casa sorgeva subito dopo il dosso, seminascosta dietro uno sperone di roccia. La strada che si inerpicava sulla montagna faceva in quel luogo una stretta giravolta e da essa, subito dopo, si staccava il sentiero in salita che portava sull'aia della casa. Mi sembra ancora di vedere mio padre che spingeva a mano la bicicletta su per il sentiero e la zia Fiora che lo salutava dall'aia e gli correva incontro a braccia levate. Si era agli inizi dell'estate e mio padre mi aveva condotto per la prima volta dalla zia, per trascorrere le vacanze in campagna. Più che campagna era mezza collina, su quei dossi di un verde tenero e lustro che circondano la sponda orientale del lago d'Iseo, e da cui si levano pittoresche montagne. Mio padre mi aveva portato da Brescia sin qui sulla canna della bicicletta (una trentina di chilometri) e poi aveva attaccato la strada in salita che conduce a Zone, un paesetto da cui si scorgono in basso le caratteristiche “ piramidi ”. Mio padre era uno stupendo arrampicatore. Piccolo, magro, ma con nervi saldissimi, pigiava sui pedali e trovava ancora il fiato per parlarmi. - Guarda su in alto - mi diceva. - Di qui non si vede ancora, ma in mezzo a quei costoni c'è il santuario della Madóna 'la Ròta. Io sono nato nella cascina vicino al santuario. Io guardavo in alto ma non vedevo che boschi di castagni, di querce, di lecci, canaloni scoscesi tagliati tra le rocce, cespugli e macchie d'un verde mosso e variegato. Il santuario era nascosto e dalla strada non lo si poteva vedere. Intanto mio padre, con il fiato sempre più grosso, riprendeva a raccontare. Il povero nonno, per battezzarlo, lo aveva messo dentro il cestello dei formaggi e lo aveva portato giù in parrocchia. “ Che avete, Tóne Teribel, in quel cesto? ” gli aveva chiesto il parroco. “Un caprettino che chiede di farsi cristiano ”, aveva risposto il nonno. E aveva sollevato il lenzuolino che copriva il cestello. Il caprettino, poi, era cresciuto tra quei boschi e quelle montagne. Giovanissimo, era stato mandato a fare la guerra sul Carso, dove per poco non era impazzito in quell'inferno d'orrore, di rabbia e di stupidità. “ Il patriottismo ”, diceva mio padre, “ era il pane degli imboscati e dello Stato Maggiore ”. Dalla trincea, immerso nel fango e con la morte negli occhi, egli scriveva ogni giorno a sua madre per salvarsi l'anima. Ora, sulla canna della bicicletta, portava il suo caprettino in vacanza, in quel luogo bellissimo in cui lui era nato e dove anch'io vorrei essere stato battezzato dentro il cesto dei formaggi. Passate alcune frazioncine, sempre su quella strada in salita, eravamo giunti sotto il dosso. Qui mio padre si era fermato. - Smonta. Siamo arrivati. Era tutto sudato. Spingeva a mano la bicicletta, ansando. Aveva imboccato il sentiero e oltre il cancello aveva chiamato sua sorella, zia Fiora. Dietro la zia erano spuntati subito anche i cuginetti, che mi si erano fatti incontro curiosi e guardinghi. Poi mi avevano preso per mano. - Vieni - mi avevano detto. - Andiamo a vedere la vasca dei girini.
Giovanni Cristini - Sulle rive del Lago, 1990 ed. Paoline Ulteriori informazioni a questo link: Giovanni Cristini, Biografia
P.S. Per chi non lo sapesse e si stesse domandando il perchè della pubblicazione di questo racconto, vorrei specificare che la zia Fiora nominata nel testo è mia nonna (madre di mia madre), ed è anche parente, magari alla lontana, di almeno una mezza dozzina di frequentatori di questo sito. I cuginetti spuntati dietro la zia Fiora erano Tino, Marco e Paolo, forse anche Rosi che, però, può darsi fosse troppo piccola per sgambettare da sola. Domenica, quasi sicuramente, non era ancora nata. La casa nascosta dietro lo sperone di roccia è appena fuori Collepiano, sulla curva dove parte la strada per i Mulì de Hù. Dovrebbe chiamarsi "località Campadel" (se ho detto qualche castroneria topografica o toponomastica, correggetemi, ve ne prego). |
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